LA FAVOLA DEL CAVALLO DA CORSA
- di Fabio Carnevali -
"Papà, papà corri! Lollipop sta partorendo!" Elisa , appena 12 anni, era già esperta. Sapeva riconoscere le ultime contrazioni prima del parto.
Erano le due di un freddo pomeriggio di febbraio, e nel piccolo allevamento pulito e profumato di creolina, fino a pochi istanti prima regnava la pace.
Dolly, la cagnetta, sentendo Elisa gridare emozionata, iniziò ad abbaiare e a correrle intorno, di tanto in tanto saltando.
Sergio si mise in fretta i pantaloni e le scarpe e scese le scale con un sorriso sulle labbra, e mentre, camminando, infilava il giaccone pesante, pensò con orgoglio alla piega che aveva dato alla sua vita: tanti sacrifici, tanta fatica, pochi soldi, ma un tesoro di figlia che adorava gli animali e gioiva per cose che "in città" nemmeno sognavano.
Aprì la porta di ingresso e una ventata gelida lo fece rabbrividire.
Sergio tirò su il colletto del giaccone ed attraversò il cortile frustato dalla tramontana. Entrando nel corridoio dei box, vide Elisa che fremeva emozionata, mentre Dolly continuava a fare un baccano infernale.
"Portala nella sua cuccia. Qui c'è bisogno di silenzio e questa piccola peste fa agitare i cavalli".
"Corro subito, pa'. Poi posso tornare?" "D'accordo. Copriti bene prima di uscire"
Il parto fu semplice ed andò tutto per il meglio.
D'altra parte Lollipop era una fattrice esperta.
A nove anni aveva già dato alla luce ben tre puledri sani e vispi.
Nessuno era diventato un campione, ma tutti solidi cavalli da corsa.
"Guarda pa'. Lo sta leccando"
"Sono le prime coccole" rispose Sergio, "gli fanno sentire che è amato. Che è al sicuro".
Il piccolo puledro prese coraggio e provò ad alzarsi, tremolante e con le gambe allargate in un atteggiamento davvero comico, si tirò su e fece due insicuri passi.
La madre emise un verso caldo e profondo, tipico di chi si preoccupa un po': "attento piccolo" sembrava dicesse.
"Come lo chiamiamo pa'?"
"Ci penseremo stasera a tavola. E come sempre decideremo insieme alla mamma"
"Va bene. Stavolta, però, io propongo e voi due dite si o no, okay?"
"D'accordo."
Erano felici: una vita che inizia è sempre qualcosa di speciale.
I mesi passavano e Demo, questo era il nome che Elisa aveva scelto, cresceva e si rinforzava sempre più.
Era un sauro, dorato come il miele, con muscoli già sviluppati ed una incollatura che ricordava i cavalli rappresentati nelle stampe d'epoca appese in sala pranzo.
Demo era vivace e quando stava nel prato insieme agli altri puledri dell'allevamento, non si stancava di manifestare la sua forza; la sua velocità.
Dominava in tutti i suoi atteggiamenti ed era anche un po' prepotente, ma quando Elisa, tornata da scuola, lo chiamava arrampicata sulla staccionata, lui sbruffando correva da lei e diventava docile ed amorevole.
"Vieni Demo, ti ho portato due carote"
Con delicatezza, le labbra del sauro si impossessavano delle carote e mentre rumorosamente le sgranocchiava, Elisa accarezzava quel meraviglioso testone.
"Io e te faremo grandi cose. Sono sicura che diventerai un campione, però non preoccuparti: fossi pure un somarello, ti vorremo bene sempre e comunque".
Erano passati quasi venti mesi dalla nascita di Demo.
Arrivò settembre e con esso il tempo di destinare i puledri alla carriera delle corse.
Tre bei soggetti, due femmine ed un maschio, furono acquistati da una importante scuderia del nord.
Altri due maschi iniziarono la preparazione per essere inviati ad un'asta che si sarebbe svolta di lì a poco.
Il destino di Demo, però, era già segnato.
Elisa fremeva nel timore che il padre decidesse di vendere il "suo" Demo a qualche scuderia straniera o comunque lontana.
C'era la possibilità che non lo rivedesse più, ma non aveva il coraggio di chiedere nulla al padre.
Sapeva che servivano soldi per mandare avanti l'allevamento, ed era pronta a tutto.
"Questo non è un cavallo comune."
Sergio diede una pacca sull'incollatura di Demo per sottolinearne la solidità, e mentre guardava con intensità gli occhi già lucidi di Elisa, sorridendo disse: "questo..resterà nostro".
Un urlo di Elisa e di mamma Loredana diede il via ad un abbraccio collettivo, con l'immancabile Dolly ad abbaiare e saltare come una pallina di ping-pong.
Quella sera, tutti e tre stanchi, ma felici, decisero di mangiare in veranda. "Per quanti apparecchio?" chiese Loredana.
"Franco verrà con Luisa e.. credo il figlio piccolo Marco."
Franco era l'allenatore di fiducia, oltre che il migliore amico di famiglia; spettava a lui prelevare e preparare Demo alla carriera, e quella sera avrebbero definito insieme i dettagli.
Finiva l'estate ed i profumi della campagna cominciavano a cambiare.
Un cane abbaiava lontano ed era l'unico rumore oltre al nitrito che, di tanto in tanto, si sentiva giungere dalle scuderie.
Mentre Elisa e la mamma apparecchiavano la tavola, Sergio pensava al fuoco nel braciere e muovendo e rimuovendo, con un lungo attrezzo di metallo, faceva partire scintille di colore arancione che salivano verso un cielo che più stellato non si potrebbe.
"Mi passi altra carbonella? Vi farò assaggiare le migliori salsicce della Terra!" era sempre questa la frase che suggellava la cena all'aperto.
Loredana ed Elisa si guardarono ed alzando gli occhi al cielo schernirono Sergio, che fingendo di offendersi e di arrabbiarsi cominciò a rincorrerle intorno al tavolo.
Un colpo di clacson, fuori dal cancello, annunciò l'arrivo degli ospiti.
Elisa corse ad aprire, accompagnata da una eccitatissima Dolly, e dopo i saluti e le strette di mani, tutti furono pronti per iniziare la serata.
"Accipicchia. Era proprio un'ottima cena" disse il piccolo Marco.
Franco prese la sedia e la portò vicino all'amico Sergio, e mentre le mamme iniziavano a sparecchiare la tavola, Elisa e Marco si sedettero sul dondolo dall'altra parte della veranda.
La luna sembrava un enorme pallone bianco e nel silenzio i grilli cantavano la loro canzone.
Il dondolo cigolava lagnosamente e Marco, nervoso per l'imbarazzo e la timidezza, un po' spazientito disse: "domani ti porto del grasso. Questo cigolio è proprio fastidioso!"
Elisa, con un lieve sorriso sulle labbra rispose: "non ce n'è bisogno, ti ringrazio. In fondo se lo consideri una cantilena e ne apprezzi il ritmo, diventa anche simpatico..".
Marco, stupito per la risposta, chiese chi le avesse trasmesso tanta pazienza.
"La mamma. Lei dice sempre che le cose, se le sai prendere per il verso giusto, sono migliori. E quando papà si innervosisce lei, con questo modo di fare, trova sempre la maniera di farlo sorridere."
"Tua madre è proprio in gamba!" convenne Marco.
Intanto, dall'altra parte della veranda, Franco entrò nel vivo del discorso.
"..E adesso parliamo di affari"
"C'è poco da parlare" disse Sergio, poi proseguì "prendi questo puledro, lo domi come sai fare, lo alleni per le corse e."
".vinciamo il Derby!" si inserì prepotente Elisa che, sentito iniziare un discorso troppo importante per non parteciparvi, si era avvicinata ai due.
"Non esageriamo. Posso dirti che è un cavallo particolare. La struttura è meravigliosa, il carattere è di quelli giusti e, anche se i genitori non sono proprio dei campioni.., penso potrà diventare un buon cavallo. Ti pagherò quello che mi chiedi ogni mese e vedrai che le cose andranno per il meglio. Ah, quasi dimenticavo. Se non ti scoccia Elisa, scuola permettendo, verrà di tanto in tanto a coccolarselo".
"Accetto. Ce la metterò tutta per prepararlo nel migliore dei modi alle corse. Per quanto riguarda Elisa.la sopporterò - disse scherzando - a patto che quando verrà a trovare il cavallo si fermi da noi almeno un giorno".
Si alzarono e si strinsero prima la mano, poi Sergio e Franco si abbracciarono: due amici veri, contenti di iniziare l'ennesima avventura insieme.
Marco sorrise a Elisa, mentre tutti, finita la bella serata, si salutavano.
Le luci posteriori dell'auto che si allontanava, sparirono nella polvere della strada sterrata e il silenzio scese a coccolare il sonno.
"tutututu. tutututu. » Fermare la sveglia alle cinque meno un quarto non è cosa semplice.
Franco allungò la mano e, finalmente, riuscì a bloccare l'antipatico allarme; si alzò un po'a fatica ed andò in bagno.
Lo specchio era impietoso: capelli arruffati, barba lunga e due occhi simili a due kiwi troppo maturi.
Usò l'acqua gelida per lavarsi e svegliarsi bene e dopo essersi rasato con poca pazienza si avviò al lavoro con un'emozione in più: oggi sarebbero arrivati i puledri e fra questi anche Demo.
Fuori era ancora buio e il cielo prometteva un'altra giornata di tiepido autunno.
Quando arrivò in scuderia i ragazzi erano già nei box, a pulire le lettiere.
Franco indossò gli abiti da lavoro, poi si diresse ai box per fare il "giro" di ispezione mattutino.
Affacciandosi ai box, Franco dava occhiate sapienti e col colpo d'occhio ricco di esperienza, in un solo attimo sapeva se tutto fosse in ordine: quadro generale, gambe, tendini, respiro.
Poi, giunto al box del solito pigrone, che tutti chiamavano Bombolo, lo trovò, come al solito, sdraiato nella paglia, assolutamente determinato a non alzarsi.
Con un sorriso aprì la porta inferiore del box ed entrò.
"Bombolo, vecchio mascalzone, vuoi alzarti o no?"
Il cavallo, un anziano purosangue quasi nero dal pelo lucido come la seta, tirò su la testa per un attimo, quasi a dire "chi osa rompermi le scatole?" poi si abbandonò di nuovo, affondando il testone nel soffice cuscino della lettiera.
Franco si avvicinò a quel bestione che, nonostante le dimensioni, sembrava un cucciolo bisognoso di carezze, e, come spesso faceva, cominciò ad abbracciarlo, a sdraiarcisi sopra e ad infastidirlo per gioco.
Dopo un po' di piccole ed amorevoli torture, Bombolo decise di arrendersi e tirò di nuovo su la testona.
"Che dici: è ora?" Franco si alzò e si tolse i fili di paglia dagli abiti mentre si allontanava dal gigante che ora, rumorosamente, si stava alzando.
Appena sulle quattro zampe, il "comodo" Bombolo si stiracchiò, esaltando fasci muscolari ancora tonici e meravigliosi.
Il "rito del Risveglio" si era consumato ed ora la giornata poteva incominciare.
Franco uscì dal box, chiudendo la porta alle sue spalle, e proseguì il giro di ricognizione.
"Luigi, metti le fasce da lavoro al grigio. Fra poco arriverà il fantino e saremo pronti per un galoppo in pista da corsa" .
Ma la sua mente era già impegnata a predisporre tutto per l'arrivo, di lì a poche ore dei puledri: tutto doveva essere in ordine.
Una settimana dopo l'arrivo in scuderia, iniziò la doma dei puledri.
Demo era un cavallo molto energico, pieno di vitalità, e nel tondino dimostrava l'irruenza e la voglia di galoppare, insieme ad un caratterino niente male..
"Stai buono. Non esagerare con la forza. Vieni vicino a me che ti do una carota. Ecco, così. Così, bello."
Dopo qualche giorno di addestramento alla corda, Demo venne cavalcato con tutta la prudenza possibile, e mentre Franco lo reggeva alla "lunghina" il più abile dei suoi ragazzi cominciò a montarlo e ad insegnargli i comandi.
"Fai piano Paolo, mi raccomando. Ricorda sempre che con una carezza si ottiene di più che con mille punizioni. E' come un bambino: non va viziato, ma nemmeno maltrattato. Ha solo bisogno di capire ciò che vogliamo da lui. Poi collaborerà".
Paolo ascoltava ed eseguiva tutto col sorriso sulle labbra.
Amava i cavalli ed era felice quando domava i puledri.
Il rischio di cadere di tanto in tanto c'era, ma la soddisfazione, una volta usciti dal tondino di doma col cavallo sellato e montato era davvero speciale.
I mesi passavano e Demo migliorava di giorno in giorno. In scuderia c'erano altri otto puledri, tra femmine e maschi, ma lui, come aveva previsto Sergio, era quello che prometteva di più.
Arrivò il giorno del galoppo in pista da corsa.
Marzo annunciava l'arrivo della primavera, ed i primi tepori invitavano i cavalli a sostituire il manto invernale con quello estivo, splendente come la seta.
Nell'aria c'era profumo di erba, e il cielo dell'ippodromo era popolato da uccellini che volavano rincorrendosi e giocando: cardellini dalle piume colorate e dal canto meraviglioso, e verdoni e passeri.
Tutti sembravano eccitati per il gran giorno: Il Galoppo in Pista da Corsa era un test che poteva dare molte ed importanti indicazioni.
Franco, tesissimo, era al centro del prato antistante la pista, pronto ad impartire gli ordini ai fantini.
Il fido binocolo a tracolla ed il berretto inglese gli davano l'aria di un allenatore di tutto rispetto.
Al suo fianco c'erano Sergio ed Elisa, che per quel giorno così importante aveva "marinato" la scuola, autorizzata dai genitori.
I cavalli giravano in tondo, ed i ragazzi in sella erano concentrati ed attenti ad ascoltare.
Demo, per niente teso, passeggiava con tranquilla padronanza. Gli occhi attenti, il respiro regolare, pareva dicesse agli altri: "tranquilli, 'ché tanto sono io il migliore"
"Voglio un lavoro perfetto. Andrete tre per volta, affiancati. La distanza tra il primo terzetto ed il secondo dovrà essere una decina di lunghezze. Le due femmine e Super Boy avanti; Demo e gli altri due maschi dietro. Dovranno essere milleseicento metri perfetti, in progressione, con gli ultimi duecento metri in allungo, a farci capire il migliore di ogni terzetto. Tutto chiaro? Forza ragazzi: conto su di voi"
Era tutto pronto.
I cavalli si avviarono verso la pista e appena entrati si disposero come aveva ordinato Franco e partirono.
Il cuore di Elisa, arrampicata sulla piccola tribuna, batteva all'impazzata, ma anche quelli di Franco e, soprattutto di Sergio non scherzavano.
Lungo tutta la curva e fino all'inizio della dirittura di arrivo, tutto andò per il meglio.
Il ritmo era quello giusto e la progressione era iniziata.
I muscoli dei cavalli erano sempre più impegnati e la respirazione cominciava ad essere più profonda e veloce.
I primi tre, a quattrocento metri dal palo, iniziarono a preparare l'allungo, ma . che succedeva? Franco mise meglio a fuoco il suo binocolo.
"C'è qualcosa che non va.."
Elisa, rossa in viso chiese fremendo "Oddio, che c'è? Si è fatto male qualcuno? Dov'è Demo?"
Le mani di Sergio serrarono forte la ringhiera della tribuna, mentre in punta di piedi per vedere più lontano cercava di capire quale fosse il problema.
"I primi tre sono. quattro." disse Franco, mentre le mascelle prima rigide e strette per la tensione, si rilassavano lasciando aprire le labbra in un timido sorriso.
Demo aveva preso a galoppare talmente forte che il giovane fantino, Paolo, non era riuscito a trattenerlo.
Così si era sganciato dal secondo terzetto, raggiungendo con quattro falcate i primi tre.
"Hai voluto fare il prepotente? Adesso facci vedere cosa sai fare!" pensò Paolo, mentre, sfinito, smise di tirare le redini, lasciando che Demo desse fondo a tutte le sue energie.
Il triangolo a bordo pista segnava duecento metri al palo di arrivo e Demo si scrollò di dosso gli altri, mentre, raggiungendo una velocità incredibile, falcata dopo falcata, alzava zolle di erba che sparava dietro di sè, per la gioia di tutti.
Sul palo, Demo aveva preso dieci lunghezze ai suoi compagni di lavoro.
Al rientro, sudato ma sereno e soddisfatto, Demo trovò Elisa che, di corsa, lo aveva raggiunto per prima, per abbracciarlo forte forte e dargli il premio per quella prestazione davvero superba.
"le carote te le avevo portate e te le avrei date anche se fossi andato piano.ma accipicchia quanto vai forte!!"
"Hai fatto un ottimo lavoro,Franco. Sei proprio un grande allenatore".
"E' lui che è un gran cavallo. Io ho fatto del mio meglio, ma devo dire che cavalli come Demo non ne ho mai avuti in scuderia: con questo fenomeno, se avremo fortuna, vinceremo davvero il Derby!"
Ma per arrivare al Derby, ce n'era di strada da fare.
Bisognava debuttare, stabilire se il cavallo fosse in grado di affrontare una corsa sulla lunga distanza, e, soprattutto, se in corsa fosse così veloce, coraggioso e capace come aveva manifestato nel meraviglioso lavoro di quel giorno.
Il debutto di Demo fu un successone.
Sulla distanza dei 1800 metri, con quindici avversari appartenenti a scuderie di tutto rispetto e con genealogie di lusso, stravinse facendo un vero e proprio assolo.
Il giorno dopo, sul giornale ippico nazionale, la sua foto era ben in vista, e l'articolo titolava: "Demo: forse un campione".
Il morale di scuderia era alle stelle.
Alle undici e trenta in punto, Sergio ed Elisa si presentarono in scuderia sventolando una copia del giornale, poi aprirono il cofano dell'auto e scaricarono, con l'aiuto di Franco, vassoi, buste e bustoni stracolmi di ogni ben di Dio: panini farciti, patatine, salatini, dolci di ogni tipo e poi bibite gasate e tutte le leccornie possibili ed immaginabili.
"venite, ragazzi. Ce n'è per tutti!" Fu un rinfresco davvero speciale. L'euforia aveva messo appetito persino a Elisa che, magrolina, anche se piena di vitalità, mangiava sempre poco.
"Al prossimo successo, andremo tutti a cena al ristorante!" sentenziò allegro Franco.
Ma l'impegno successivo fu un inatteso disastro.
Al tondino di presentazione, Demo arrivò madido di sudore, con gli occhi sbarrati dal nervoso.
"Non capisco cosa gli sia capitato" disse preoccupatissimo Franco.
"Mentre lo sellavo non voleva stare fermo e più passava il tempo più si agitava."
"Forse non sta bene.." disse Elisa, che non tardò a proporre di ritirarlo e di rimandarlo in scuderia.
Ma a quel punto Sergio disse che a decidere doveva essere, giustamente, l'allenatore.
Al tondino, davanti ad un pubblico che quel giorno sembrava inopportunamente rumoroso, Sergio osservava il suo pupillo che girava agitato e sudato e rifletteva.
Cosa gli passava per la testa? Perché tutto quel sudore?
Notò che il ragazzo che lo accompagnava aveva modi particolarmente bruschi.
Era teso e non aveva confidenza con Demo.
Chiamò in tutta fretta il "caporale di scuderia", uomo di fiducia che coordinava tutte le operazioni precedenti la corsa: "Luigi. Come mai Demo non è stato accompagnato da Giancarlo?"
"Giancarlo sta male, signor Franco. Ha telefonato alle 14 e 30, signor Franco. Ho incaricato Billy di sostituire Giancarlo, anche se non mi sembra molto all'altezza. Purtroppo all'ultimo momento. non avevo altri da chiamare, signor Franco".
"Cavalli al tondino" si sentì echeggiare dai megafoni dislocati per tutto l'ippodromo.
Non c'era più tempo da perdere.
"Elisa vieni. Devo chiederti un grande favore".
Elisa, sorpresa, guardò il padre, poi con passo veloce si avvicinò a Franco.
"Prendi la lunghina ed accompagna tu Demo. Lui ti vuole bene e secondo me si calmerà con te a fianco. Magari per un buon risultato non basterà, ma per lo meno capiremo se il problema è ciò che io penso."
Elisa non se lo fece ripetere due volte.
Andò verso Billy e con un sorrisetto più eloquente che mai, protese tutte e due le mani in avanti, pronta ad accogliere la lunghina.
Appena al fianco di Demo, Elisa lo guardò intensamente negli occhi e lo accarezzò sul muso: "va tutto bene piccolo. Ora ci sono qua io e nessuno ti farà del male".
Poi incominciò a camminare, dandogli di tanto in tanto piccole pacche di incoraggiamento sul collo tutto sudato.
Il cavallo che all'inizio trotterellava nervoso, si rilassò e rallentò il passo, finalmente riducendo la sudorazione.
I fantini scendevano le scale che portavano al tondino.
Qualcuno infilava i guantini professionali, altri, camminando, finivano di sistemare il berretto sopra il casco protettivo.
Le giubbe colorate brillavano al sole ed il vocio del pubblico aumentava di minuto in minuto.
Franco strinse la mano di Dario, il fantino ingaggiato per Demo, poi diede gli ordini.
"Oggi è molto nervoso e ha perso tanti liquidi con la sudorazione. Forse non renderà al meglio. Appena fuori dalle gabbie di partenza, rallentalo un po', ponendoti in coda al gruppo. Tienilo tranquillo fino in dirittura di arrivo, poi sposta all'esterno e prova la progressione. Se lo senti voglioso e pronto a combattere provaci, altrimenti, dopo aver tentato l'allungo, abbassa le mani. Con la Giuria di Corse parlerò io e mi assumerò tutte le responsabilità. Tutto chiaro?"
Dario aveva ascoltato con attenzione, facendo con la testa dei piccoli cenni di assenso per tutto il discorso.
"Chiaro come sempre, trainer!" rispose sorridendo.
"Fantini in sella!"
Lo speaker dell'ippodromo aveva annunciato con veemenza, ed in un battibaleno furono tutti pronti per entrare in pista e recarsi alle gabbie di partenza.
Elisa, dopo aver liberato Demo ed averlo lasciato partire di galoppo col suo fantino, corse verso il pulmino che portava alle gabbie tutti gli accompagnatori.
Mentre il mezzo correva e sobbalzava sulla stradina sterrata adiacente la pista da corsa, Elisa cercò di sbirciare dal finestrino e vide Demo galoppare abbastanza tranquillo, anche se ancora un po' sudato, e notò con piacere che Dario lo stava accarezzando perfino mentre galoppava: piccole pacche di incoraggiamento che per Demo, in quel momento, valevano più di una cassa intera di carote!
Fu la prima a scendere dal veicolo e, lunghina in mano, corse incontro a Demo, agganciò i moschettoni e, quando lo starter dispose, accompagnò Demo nella gabbia di partenza.
Lo spazio all'interno della gabbia era minimo e la tensione generale aumentava il senso di oppressione.
I cuori di tutti aumentavano i battiti, pronti alla sgabbiata.
"Fuori tutti gli artieri!" ordinò lo starter.
"Pronti?"
STACK !!
Un rumore assordante di ferraglia, i cancelletti delle gabbie simultaneamente spalancati e subito gli zoccoli che, spingendo nell'erba, sembravano il rombo di un tuono che si allontanava.
Il boato del pubblico, dalle tribune, coprì quasi lo speaker, che prima di iniziare la cronaca della corsa, annunciava: "partiti!"
Uscito con una gran spinta delle zampe posteriori, Demo fu subito controllato da Dario e posto nelle retrovie.
Il gruppo proseguiva compatto, con un'andatura esagerata
"se continuano così, quelli davanti svengono appena in retta d'arrivo" pensò Dario "meglio così. Noi ce ne stiamo qui dietro tranquilli"
Demo si lasciava dominare dalle redini tirate con dolce maestria dal suo fantino, ma non manifestava grande voglia di allungare né l'agonismo giusto per vincere.
"E' debole. Non mi sembra lui. Pare non aspetti altro che tornarsene nel box".
Tra il rumore del galoppo dei cavalli, il vento nelle orecchie e sulle giubbe, che sventolavano come vele colorate, i pensieri si accalcavano nella mente di Dario, che cercava di capire cosa volesse Demo: combattere o arrendersi.
Finiva la curva e la dirittura infinita si apriva davanti al gruppo.
I metri passavano e dalle tribune che si avvicinavano sempre di più si cominciava a sentire l'urlo della folla che incitava i concorrenti.
Dario era in decima posizione e quando provò a spostare all'esterno del gruppo il suo cavallo e, scorciando le redini, iniziò a spingere ritmicamente sul collo del cavallo per iniziare la progressione, rimase deluso dalla mancanza di grinta di Demo.
"Non te la senti proprio vero? Okay ti lascio stare".
Riportò il suo cavallo verso lo steccato, pronto ad arrendersi, ma proprio il quel momento, quasi risvegliatosi, Demo gli chiese le redini e cambiò marcia.
Il problema era che davanti c'era un "muro" di nove cavalli in lotta e spostare di nuovo all'esterno, a duecento metri dal palo d'arrivo era impossibile.
"Troppo tardi, vecchio mio" pensò con rammarico Dario, " A meno che.."
Un cavallo davanti a lui, troppo stanco per l'eccessiva andatura durante tutta la corsa, scartò improvvisamente verso l'esterno, aprendo un minuscolo spiraglio.
Demo non si fece pregare e si lanciò con tutta la forza nel passaggio apertosi.
Cambiò velocità in un attimo e fece un finale da fantascienza arrivando sul palo d'arrivo tardi per vincere, ma in tempo per portare a casa un ottimo secondo posto.
Al rientro tutti applaudirono Demo, come fosse stato lui il vincitore, e quello di quel giorno fu l'unico secondo posto della sua lunga ed eccezionale carriera di campione.
Vinse il Derby e altri Gran Premi in tutto il mondo e poi fu stallone di primissima qualità.
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Se capitate in un ippodromo importante e trovate un' enorme e meravigliosa statua di un enorme e meraviglioso cavallo, leggete la targa affissa:
"Questo è Demo: il più grande campione del mondo, nato in un piccolo allevamento di provincia. Venuto al mondo e vissuto per galoppare. E ancora galoppa.."
Questa è una favola... forse!